Coach o Mentore? Di chi ho bisogno?
Miriam è una giovane consulente, specialista di rischio mercato e in forza ad un'importante multinazionale. Ha davanti un futuro promettente. E' brillante, pragmatica, affabile ed è stimata dai suoi responsabili e da tutti i suoi colleghi.
Miriam riporta direttamente a Dario, che gestisce i rapporti con i clienti e conduce personalmente, grazie alla sua grande competenza, i progetti più complessi.
Miriam ha poi un legame informale con Mirko, un funzionario di una società in cui lei aveva prestato consulenza. E con il quale è nato un rapporto di reciproca stima e amicizia rimasto vivo anche dopo che l'attività che li aveva fatti incontrare fu conclusa.
Nel periodo in cui Mirko e Miriam lavorarono insieme, lo facevano gomito a gomito, otto ore su otto. Spesso condividevano le pause caffè e le pause pranzo. Così si ritrovavano spesso a parlare di qualunque cosa.
Mirko imparava molto da Miriam e ne ammirava conoscenze e capacità. D'altro canto era più anziano di lei, carismatico. Un capitano di lungo corso ma allo stesso tempo umile e sensibile, qualità che avevano colpito Miriam. Fu inevitabile che tra i due si sviluppasse un rapporto di intesa e di fiducia, sfociato poi in una solida amicizia.
Ieri Dario interruppe Miriam mentre gli stava mostrando i contenuti dell'analisi condotta presso un importante cliente.
"Mi sembra ben fatto, l'uso delle mind map è un'ottima idea, ho intenzione di mostrarlo anche a Maria Laura, sono sicuro che lo troverà interessante."
"Sono contenta che ti piaccia", disse Miriam, "ho curato tutti i focus che mi suggerivi l'altro giorno."
"Si, direi di si. Anche se c'è un requisito un po' ambiguo. Qui, vedi? Che ne pensi?"
Nei dieci minuti successivi, Dario spiegò meglio il suo punto di vista. Illustrò a Miriam alcuni casi in cui quel modo di sintetizzare i requisiti, in passato, aveva creato qualche problema. E le suggerì alcune tecniche di elicitazione mostrandole qualche esempio concreto.
"A questo punto, come riscriveresti questo requisito?", chiese Dario.
"Allora...", disse Miriam, e spiegò la sua nuova idea.
Soddisfatto della sua risposta, Dario aggiunse: "Benissimo! vediamoci dopo pranzo nell'ufficio di Maria Laura. Hai fatto un ottimo lavoro."
In questo racconto Dario ha assunto il ruolo di Coach.
L'elemento che ce lo svela è un certo modo di dialogare, orientato a valorizzare i punti forti del lavoro di Miriam, a indicare i punti deboli non giudicando ma attraverso domande o appena accennati suggerimenti. Ma la cosa che più caratterizza il comportamento di Dario come un intervento di coaching è lo scopo che questi si prefigge. Lo scopo, cioè, di migliorare le performance di Miriam, mettendola in condizione di riconoscere la carenza nel suo operato e insieme trasformarla in un'occasione di apprendimento e di crescita. Un coach ha questa, e solo questa, finalità.
Kathy E. Kram, ordinario presso la School of Management Boston University, definisce il coaching come:
un processo interattivo attraverso cui il coach cerca di risolvere i problemi di performance, oppure si impegna per lo sviluppo dei suoi coachee
Il coach, quindi, è qualcuno interessato principalmente alla capacità delle persone di conseguire gli obiettivi che l'organizzazione si aspetta da loro e votato ad aiutarle a raggiungere vette sempre più alte di performance. Quando un'azienda o un'organizzazione vuole migliorare le proprie performance facendo leva sulle risorse umane, è di un coach che ha bisogno.
Quella stessa settimana, Miriam incontrò Mirko per un aperitivo. Non era diventata esattamente un'abitudine ma accadeva di frequente. In particolare ogni volta che uno dei due avesse qualcosa di interessante da raccontare all'altro. Mirko esordì, come sempre, con una domanda:
"Allora, su cosa ti stanno facendo lavorare in questo periodo?". E invariabilmente quelle successive furono: "E come va? E' interessante? Stai imparando qualcosa di nuovo?"
Quella volta Miriam rispose che era alle prese con un progetto nuovo. Gli riferì dell'analisi condotta e dei suggerimenti di Dario. Gli raccontò di aver imparato a non basarsi solo sull'intuito ma che è importante anche dotarsi degli strumenti e tecniche giusti, se vuoi fare un lavoro eccellente.
Mirko la ascoltava senza interromperla. Aveva la sensazione che ci fosse dell'altro che ancora non era emerso, ma decise di aspettare che fosse lei a parlargliene. Nel frattempo arrivarono gli Spritz e proprio mentre Mirko stava iniziando a sorseggiare il suo, Miriam disse:
"Però, Mirko, ti volevo parlare di un problema. Vorrei sapere cosa ne pensi."
"Avanti, spara..."
"Dario è un buon capo, tiene molto ai suoi collaboratori e personalmente sto imparando un sacco di cose grazie a lui. E lui sembra apprezzare molto il mio lavoro. Ma il suo capo, Maria Laura, non sembra avermi in grande considerazione."
"Cosa te lo fa pensare?", chiede Mirko.
"Mah, sensazioni... per esempio l'altro ieri Dario ed io eravamo nel suo ufficio. Dario le riportava notizie sull'analisi che avevo sviluppato, senza lesinare complimenti nei miei riguardi. Maria Laura non sembrava molto colpita, ed inoltre per tutto l'incontro, non mi ha mai rivolto la parola. Parlava solo con Dario, era come se non ci fossi."
"uhm... vai avanti."
"Mirko, questo non succede con altri miei colleghi, ho l'impressione che ce l'abbia con me."
"E ne immagini la ragione?"
"No. Non ne ho idea, io faccio del mio meglio, lavoro dieci ore al giorno e credo di fare un buon lavoro."
"Ok, quindi tu pensi che Maria Laura non ti apprezzi e non gli importi del tuo lavoro per... diciamo... per antipatia, senza un valido motivo. Ho capito bene?"
"Non l'avrei messa giù in questi termini, ma... si, direi di si."
"E quindi cosa hai intenzione di fare?"
"Come, scusa?"
"Si, insomma. Qual è il piano?"
"Quale piano? Se le sono antipatica mica ci posso fare niente!"
"Ah... adesso capisco, sei vittima di circostanze avverse. Di una situazione che non dipende da te."
"Esatto..."
"Invece no. Sbagliato!"
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire che in qualunque circostanza, anche la più spiacevole puoi, anzi devi, sempre chiederti - cosa posso fare io per cambiarla? Rinunciando a farti questa domanda, rinunci a guardare davvero al problema. Questa domanda ti costringe ad osservarti in azione, ad immaginare scenari in cui un tuo intervento, o un tuo comportamento, cambia la situazione che ti procura sofferenza."
"Ok, e poi?"
"Poi ti fai coraggio e provi a vedere se quello che ti sei immaginato funziona."
"Non so. E se non funziona?"
"Provi qualcos'altro, fino a quando non trovi la dritta. Ma poi c'è un'altra cosa che devi considerare."
"E sarebbe?"
"Empatia", disse Mirko, "L'empatia è l'arma più potente che c'è quando si tratta di rapporti complicati."
"Dovrei cercare di mettermi nei suoi panni?"
"Bingo! Vedi, Maria Laura prima di essere un manager, è una persona come me e come te. Coi suoi problemi e le sue preoccupazioni, dentro e fuori dall'azienda. Magari quel giorno aveva litigato col marito, o forse ha qualche problema familiare che la preoccupa. Può essere che il suo capo gli dia il tormento. Sono tutte cose che possono cambiare, e di molto, l'umore di chiunque."
"Non ci avevo pensato."
"Già... Ti faccio una domanda. Secondo te è più probabile che Maria Laura abbia un problema che la rende scostante oppure che ti abbia in antipatia senza una valida ragione?"
"In effetti... Allora cosa mi suggerisci di fare?"
"Non lo so. Non conosco Maria Laura. Ma ti consiglio di chiederti questo: se tu fossi lei, e avessi un serio problema che ti sta opprimendo, quale sarebbe un comportamento da parte di un tuo collega che ti farebbe piacere constatare? E più in generale, cosa vorresti che lui facesse così da non aggravare il tuo stato o, sperabilmente, aiutarti a migliorarlo?"
"Belle domande..."
"Si. Le migliori!"
Ti faccio notare che Mirko, in questo frangente, non è molto interessato alle tematiche del lavoro di Miriam. Al contrario è particolarmente interessato al suo percorso. Al modo in cui si fa strada in azienda, a come cura i rapporti e a come gestisce le relazioni con i colleghi. Tutti aspetti indipendenti dai compiti assegnati e dagli obiettivi che deve conseguire. Ma fondamentali per la sua crescita e la sua carriera.
In questo racconto, Mirko è un Mentore. Una persona interessata al percorso di crescita e alla carriera di un'altra e disposto ad aiutarla attraverso suggerimenti, consigli e indicazioni dettati dalla sua esperienza e conoscenza di contesto.
Chip R. Bell, scrittore e consulente, famoso anche per aver introdotto il concetto di customer journey come parte della customer service experience, afferma che:
un mentore è colui che aiuta un'altra persona a sperimentare una crescita personale attraverso un processo di apprendimento
Un processo basato su un rapporto di affinità elettiva. Un mentore non può essere imposto al suo protegè (preferisco questo termine al più anglosassone e freddo mentee). Mentore e protegè si scelgono a vicenda e non può essere diversamente. Perchè?
Perchè a differenza del coaching, con il mentoring in gioco non ci sono risultati aziendali, ma la vita ed il futuro di un'altra persona.
Un coach guarda agli obiettivi da raggiungere, concentrandosi sul breve-medio termine. Un mentore invece guarda al viaggio da intraprendere, con orizzonte di medio-lungo termine.
Un coach è ingaggiato per migliorare i risultati di un'organizzazione facendo leva sulle performance delle persone. Un mentore invece è qualcuno a cui ci si affida perchè ci accompagni durante il nostro percorso di vita (lavorativa e non). E' una persona di fiducia, un amico, un angelo custode.
Il rapporto coach-coachee può anche alimentarsi di opportunità e vantaggi occasionali. Il rapporto mentore-protegè è di natura più profonda, personale e duratura. E si alimenta esclusivamente di fiducia e riconoscimento reciproci.
Comprendendo questa (spero) chiara distinzione, diventa più semplice venir fuori da una dicotomia spesso strumentalizzata.
Molti professionisti vantano, forse con troppa disinvoltura, l'appartenenza all'una, all'altra o ad entrambe le categorie. Ma in realtà stiamo parlando di due sfere solo marginalmente sovrapposte (in effetti entrambi i ruoli richiedono esperienza, conoscenza, e grandi attitudini relazionali), ma perlopiù slegate, orientate a scopi differenti e fondate su presupporti umani e professionali nettamente diversi.
Miriam, che questa differenza la conosce bene, si ritiene fortunata ad avere un coach come Dario, lo stima e lo rispetta. Ma arriverà il giorno in cui non avrà più bisogno di lui, e forse si ritroverà ad essere la coach di qualcun altro.
Ma quando le capita di pensare a Mirko, il suo cuore si scalda. Pensando al loro rapporto le emozioni prendono il sopravvento. Gioia, gratitudine e affetto tra le più emergenti.
Pregusta il prossimo aperitivo, il prossimo racconto, il prossimo consiglio. E promette a se stessa che non vi rinuncerà, per nessuna ragione al mondo. Né ora, né mai.
Un coach può essere indispensabile, a volte. Ma un mentore è diverso.
Un mentore è per sempre!
Un abbraccio a tutti i coach e coachee, a tutti i mentore e protegè.
Ma il più caro degli abbracci è per te!
Alla prossima,
Nico Spadoni
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Nella foto di copertina
Alberto Maestri, eclettico professionista dell'innovazione e della mondo digitale. Co-autore di libri acclamatissimi come Digital Content Marketing (Anteprima Edizioni, 2013 | Il Sole 24 Ore, 2015), Content Evolution (FrancoAngeli, 2015), Giochi da Prendere sul Serio (FrancoAngeli, 2015) e Customer Experience Design (FrancoAngeli, 2017). Per FrancoAngeli è anche Direttore della Collana Professioni Digitali.
Carlo Ancelotti, non devo certo presentarlo io, ma vale la pena segnalare Il leader calmo, un bellissimo libro che Carletto ha scritto assieme a Chris Brady e Mike Forde. Imperdibile.