La meccanica della pienezza
Tutta la nostra vita è un viaggio. Un cammino che affrontiamo al meglio delle nostre capacità. Un passo via l'altro, scegliamo una direzione e andiamo. Trascinati da un'indomita energia che abbiamo dentro dalla nascita e che liberiamo ogni volta che cerchiamo una risposta alle domande: Cosa cerchiamo? Dove vogliamo arrivare? Chi vogliamo diventare?
Ogni volta che una di queste domande emerge, un impulso sospinge il passo successivo. Potremmo chiamarla la meccanica della pienezza.
Perchè la distanza tra l'essere felici e ciò che siamo, si percepisce come un vuoto. Un vuoto da riempire. Viviamo con un incessante bisogno di pienezza. Ognuno di noi fa ciò che può. In un modo o nell'altro siamo tutti in cammino, che poi è proprio ciò che una ricerca richiede. A patto, però, di non prendere la direzione sbagliata.
Ma allora cos'è che ci può aiutare a mantenere la rotta giusta? Cosa può aiutarci a non smarrirci?
Abbiamo bisogno di una bussola e questa bussola è lo scopo. Abbiamo bisogno di uno scopo, e non di uno qualsiasi ma di quell'unico scopo che soddisfa la nostra esigenza di pienezza. Il nostro personalissimo scopo.
Lo scopo è quella cosa che orienta le nostre scelte.
Ci detta le priorità. Ci suggerisce se e quando prenderci dei rischi. Ma soprattutto rende la nostra vita interessante ed il nostro viaggio emozionante. Accende la nostra curiosità e ci rende più sensibili alla bellezza e allo stupore per tutto ciò che abbiamo intorno.
Lo scopo riempie il vuoto.
Uno scopo è sempre individuale ma può essere perseguito collettivamente. Quando più persone trovano o scoprono uno scopo comune, nasce un movimento. Che si tratti di un team, di un'azienda, di un organizzazione umanitaria o di un popolo, questo movimento cambia le cose. Perchè lo scopo dirompe dentro e fuori ciò che lo ha generato, sempre.
La prima volta che ho sentito il bisogno di uno scopo, non l'ho percepito così come l'ho descritto. Ci sarebbero voluti altri quindici anni per raggiungere questa consapevolezza. Avevo 33 anni, e non ero messo male. Lavoravo nell'azienda in cui sono tutt'ora, per la mia età avevo già fatto una carriera importante, ero già sposato con la donna fantastica che ho accanto e insieme tiravamo su Laura, una bellissima bambina che oggi ha 26 anni (e puoi trovarla qui su LinkedIn, mi somiglia molto, non puoi sbagliarti ;-).
Vivevo in un grande appartamento in centro ed era già estinto il mutuo con cui l'avevo acquistato. Insomma secondo parametri di buon senso, non avrei potuto chiedere di più dalla vita. Non è così?
Sai, col senno di poi ti rispondo di no. Assolutamente no!
E sempre con il senno di poi, penso che proprio quando credi che la vita ti abbia dato tutto, è giunto il momento di mettersi a cercare.
Allora non lo sapevo ma sentii comunque affiorare un senso di urgenza. Qualcosa non andava. I modi con cui ti accorgi di questo possono essere tanti: insoddisfazione, noia, pressione, scoramento, paura. Per me fu insoddisfazione e forse anche noia. Quello che facevo non mi stimolava più, lo trovavo liturgico, ripetitivo. Avevo smarrito il senso. Non tanto il senso delle cose, quanto il senso che quelle cose avevano per me.
Oggi faccio un lavoro molto diverso, in una diversa città, ho altre passioni e interessi nuovi. Insomma, sono una persona diversa. Cosa è successo nel mezzo?
Beh, raccontarti cosa mi è accaduto o quali siano state le mie scelte, potrebbe avere un'importanza relativa. Quello che invece penso sia più interessante è ciò che ho capito ed imparato. Ed è quello che voglio condividere con te.
La lezione che questa transizione, o trasformazione se preferisci, mi ha insegnato è che i nostri desideri hanno un limite, un orizzonte.
La caratteristica dell'orizzonte geografico è quella di essere inafferrabile, più ti avvicini e più lui si allontana. Questo non ci ha mai dato particolari problemi, in fondo accontentarsi di ammirarlo da lontano, magari dalla riva di una spiaggia tropicale o dalla sommità di una vetta delle dolomiti, è un gran bell'accontentarsi.
Così anche lo stare fermi ha un senso. La sua bellezza ci riempie gli occhi e l'anima. E ci conforta la certezza di poterlo ammirare ogni volta che vogliamo, così raggiungerlo non è poi tanto necessario. Siamo a posto così.
Ma l'orizzonte dei nostri desideri è diverso. Quel maledetto bastardo si muove anche quando noi siamo fermi. Si allontana, per essere precisi.
E questo cambia tutto, il problema non è più cercare di raggiungerlo, piuttosto inseguirlo per non perderlo di vista. Ecco perchè quando pensi di avere tutto e ti fermi, dopo un po' ti accorgi che quel "tutto" è ben poca cosa rispetto alla distanza tra te e l'orizzonte dei tuoi desideri. Distanza che, nel frattempo, è aumentata e sta ancora aumentando.
Perciò siamo nati per essere perennemente in cammino. Non possiamo fermarci e soprattutto dobbiamo capire dove andare. Lo scopo è l'unica cosa di cui disponiamo. Lo scopo determinerà il nostro percorso. E sortirà l'esito delle nostre vicende.
La buona notizia è che trovare il nostro scopo non è poi così difficile se ne comprendi i meccanismi. Per la verità, non sono sicuro che l'idea che mi sono fatto corrisponda all'effettiva natura dello scopo, ci sono troppe variabili e troppo poco tempo per verificarle tutte. Però in questo momento quello che mi accade, o che vedo accadere altrove, tutto sommato soddisfa le mie ipotesi.
E le mie ipotesi vedono lo scopo non come un'entità ma come un processo. E questo ci dovrebbe incoraggiare perchè un'entità è ciò che è, mentre un processo può essere gestito, misurato, migliorato.
Le fasi di questo processo sono tre:
1. Visione
La visione è il ritratto di ciò che voglio diventare. Una bozza, magari un po' grezza, di come mi vedo quando lo sarò diventato.
Non si tratta solo di un esercizio di immaginazione, perchè quando riusciamo a visualizzare nella nostra mente una situazione futuribile ci viene più semplice capire cosa e come fare per realizzarla.
In questo modo il futuro a cui si ambisce diventa più concreto, alla portata. Si può misurarne la distanza e identificare i passi con cui procedere verso il suo raggiungimento.
2. Impegno
Con una visione chiara, il passo successivo è orientare gli sforzi. Un duplice sforzo in realtà.
Il primo è quello di convertirsi, cioè cambiare criteri e abitudini che ostacolano la realizzazione della visione, cambiare direzione insomma.
L'altro è quello di attivarsi e procedere. Attivarsi significa mettersi in moto, aprirsi la strada nella foresta, se occorre. Significa iniziare a costruire, cambiare quello che c'è intorno, modellare la realtà per renderla più prossima a quella a cui si aspira.
3.Verifica
Quasi mai si riesce a indovinare il percorso migliore in anticipo. Il nostro cammino è fatto di tentativi, di errori e di riprese.
Per evitare di deviare troppo, quindi, occorre procedere con ripetute verifiche. Serve individuare una qualche tipo di grandezza da misurare che ci dia un riscontro utile a capire quando siamo nella giusta direzione e quando no.
Questa credo sia la parte più complicata del processo. Innanzitutto perchè siamo sempre riottosi quando si tratta di misurarci. Ci sono diverse ragioni per cui ciò accade.
Innanzitutto per paura che l'esito della misurazione decreti un nostro fallimento e ci esponga al giudizio altrui. Ma anche per il timore di scoprirsi inadeguati.
Un'altra ragione è quella di scongiurare la possibilità di dover cambiare le nostre convinzioni e le nostre credenze (il fenomeno della dissonanza cognitiva di cui ti ho parlato in un precedente post).
Insomma, misurarci non ci fa impazzire e quindi evitiamo di farlo o, quanto meno, non ci cimentiamo con il necessario impegno.
Eppure è indispensabile capire cosa sta accadendo e in che direzione ci si sta muovendo. Non è tanto importante la quantità di metriche da controllare, ne bastano poche, a volte anche una sola, purchè sia quella giusta. E poi ci vuole il giusto coraggio per affrontare le evidenze ci diranno. Qualunque cosa possano dire, per quanto fastidiosa, è l'unica cosa che ci può aiutare ad avvicinarci alla nostra visione.
Può essere spiacevole, complicato, faticoso, ma alla fine ci avremo guadagnato. In caso contrario la visione assumerebbe gli effimeri connotati di un mito, di un illusione. Non è un bel modo di vivere, ti pare?
Guardandomi indietro, ciò che vedo è una strada dal percorso incerto, spesso accidentato, a volte impervio, quasi sempre in salita. Pieno di incroci, semafori, e molto trafficato in ogni direzione. Non sono mancati gli stop seguiti da stentate ripartenze.
Ma in qualche modo eccomi qui. Magari ti stai chiedendo quale sia la mia visione, come mi impegno per realizzarla e quali siano le mie metriche. E' difficile per me rispondere con precisione a queste domande. Ma voglio provarci comunque.
Nella mia visione mi vedo impegnato in qualcosa che migliori il nostro piccolo mondo e che aiuti le persone a vivere meglio.
Lo so, sembra un po' vago, ma non lo è.
Migliorare il mondo significa prendersi cura innanzitutto della piccola fetta di mondo alla nostra portata, quella su cui possiamo certamente avere un impatto.
Aiutare le persone significa mettere al loro servizio i tuoi talenti, la tua storia e i la tua umanità. Significa essere empatici, generosi, umili e tolleranti, qualunque cosa tu faccia, qualunque sia il tuo ruolo.
La verifica di questo è l'umore con cui mi alzo la mattina e affronto la giornata, o quello con cui vado a letto la sera. Misuro il numero di sorrisi che strappo ogni giorno. Il numero di rapporti di stima e fiducia che riesco a instaurare. E soprattutto il numero delle volte che riesco a resistere dal ricadere nell'errore di tradire ciò che sono per ottenere l'apprezzamento di un altro.
Non voglio mentirti, questa visione non è molto popolare, né particolarmente apprezzata (tranne che dalle persone per cui ti spendi). Non è un buon modo per fare carriera, sempre che ti interessi quel concetto di carriera.
Questa visione non ti aiuterà a conquistare posizioni di potere. Credo però che essere fedeli al proprio scopo, ti dia molto di più del potere, ti rende influente.
Essere influenti vuol dire custodire la fiducia che altre persone hanno voluto concederti. E' una responsabilità enormemente più grande di qualunque piedistallo. Non c'è niente di più prezioso e impegnativo della fiducia di un'altra persona.
Ti lascio con un esortazione o, se vuoi, una speranza:
cerca il tuo scopo, chiarisci la tua visione,
impegnati a perseguirla e controlla sempre la rotta.
Forse lo fai già e ne sei consapevole (sono contento per te) o forse non ci avevi mai pensato in questo modo. Non importa, non è mai troppo tardi per incominciare.
Ma fallo.
E dopo un po' ti accorgerai che stai facendo la cosa più importante di tutte.
E' quello che spero e te lo auguro di cuore.
Nico Spadoni