Le cose che non sai di non sapere
Amo i paradossi, le idee strampalate, le cose che non ti aspetti. Forse perchè solleticano la mia patologica curiosità oppure perchè le stranezze portano sempre con sé una qualche lezione che merita di essere imparata. Che poi, più di ogni altra cosa, è proprio di queste che mi piace scrivere.
Per esempio, tempo fa tentavo di venire a capo di un argomento piuttosto arduo: la complessità. La cosa su cui stavo mettendo alla prova i miei quattro neuroni era uno strumento concettuale molto usato nelle scienze delle decisioni. Al secolo noto come Cynefin framework (è gallese e si pronuncia "kaneven") è un grafico a quattro quadranti che aiuta a comprendere la complessità del dominio nel quale si è, suggerendo l'approccio migliore con cui prendere una decisione (se ti interessa approfondirlo ecco un link utile).
Mentre lo studiavo, fui colpito da una frase presente in uno dei quadranti:
Unknown unknowns.
Lì per lì non mi veniva una traduzione che avesse senso, così ho fatto quello che si fa quando non sai che pesci prendere: Google.
Primi risultati non mi soddisfacevano più di tanto, ma giù in fondo ho notato un link a Wikipedia, che alla mia frase dedicava un'intera pagina.
Pensa un po'.
Secondo quanto riportato, un certo Donald Rumsfeld, Segretario alla Difesa durante l'amministrazione di Gerald Ford, pronunciò questa frase:
There are known knowns; there are things we know we know. We also know there are known unknowns; that is to say we know there are some things we do not know. But there are also unknown unknowns – the ones we don't know we don't know.
Che in sostanza vuol dire:
Ci sono cose che sappiamo di sapere. Ci sono cose che sappiamo di non sapere. Ma c'è anche l'unknown unknowns.
Cioè le cose che non sappiamo di non sapere.
Per qualche motivo questa frase mi si è fissata nella mente. Mi capita di tanto in tanto di condividerla. Ma spesso non vengo capito.
A quanto ne so, lo stesso Rumsfeld fu insignito nel poco onorevole premio "Foot in Mouth", per la frase più sconcertante mai proferita da un personaggio pubblico.
Con tutto il rispetto della giuria premiante, secondo il mio modesto avviso la frase di Rumsfeld è tutt'altro che sconcertante. Anzi è illuminante.
Prendiamo Roma, ad esempio. Io so con certezza che è la capitale italiana. Ma ancora più interessante è il notare che so di sapere che Roma è capitale di Italia.
Così come so di non sapere quale sia la capitale del Suriname, pur sapendo che deve esisterne una. E' il genere di cose per cui mi fiondo su Google, quando so di non sapere qualcosa, mi attivo per colmare la lacuna (non sempre per la verità, comunque ne avrei facoltà).
Ma c'è anche il caso in cui non so, e qui la cosa si fa interessante, di non conoscere la capitale del Tokelau.
E non lo so perchè non ho la più pallida idea dell'esistenza di uno stato di nome Tokelau. In tal caso cosa accade? Un bel niente di niente.
Non mi rendo conto di questa lacuna per cui non faccio nulla per colmarla.
Un giorno questa mia ignoranza sul Tokelau potrebbe costarmi cara, ma quando accadrà sarà troppo tardi.
Un altro esempio è il famoso tacchino citato da Taleb nel suo famoso saggio "Il Cigno Nero".
Il tacchino sapeva di sapere che ogni mattina il contadino l'avrebbe sfamato. Inoltre, sapeva di non sapere la ragione di tante cure. Così si mise a studiare il comportamento del contadino che, come un orologio svizzero, ogni giorno provvedeva a sfamarlo. Dopo un po' di tempo dedusse che si trattava di amore, e decise di ricambiarlo.
Quello che invece il tacchino non sapeva di non sapere era l'esistenza di una festività molto sentita nel nuovo mondo, ossia la festa del Ringraziamento. Cosa che, sospetto, non ebbe modo di scoprire a meno che il contadino, nelle nuove vesti di macellaio, si prese l'incomodo di spiegarglielo prima di calare la sua mannaia.
La consapevolezza di questa nostra ignota ignoranza mi sovviene spesso e volentieri durante le mie scorribande in libreria.
Ci vado spesso, il più delle volte senza un motivo particolare. Mi piace girovagare tra gli scaffali in cerca di ispirazione.
Proprio lì, circondato da migliaia di libri, ci penso: unknown unknowns.
Insomma, so di aver letto I barbari di Alessandro Baricco, questa è una "conoscenza nota". E so di non aver mai letto Cinquanta sfumature di grigio che invece è una "non conoscenza nota" (e tale resterà, anche se dovessi naufragare su un’isola deserta e quello fosse l'unico libro nei paraggi).
Ma lì, tra quella miriade di titoli e copertine colorate, ci sono libri di cui ignoro l'esistenza e, ignorandone l'esistenza, non mi rendo neppure conto di non aver letto.
Vorrei tanto citartene qualcuno, tanto per fare qualche esempio, ma... capirai... non posso farlo, perchè non ne ho mai sentito parlare.
Esplorando gli scaffali mi capita di continuo di sentirmi biasimato da Svevo, Hesse, Pirandello, Stendhal, che mi guardano accigliati passargli davanti senza mai allungare la mano sui loro maledetti mattoni.
Cosa vuoi che ti dica, prima o poi capiterà. Forse.
Spero di avere abbastanza tempo anche per loro, un giorno.
Ma gli altri? Quei perfetti sconosciuti, autori di libri mai visti? Dove sono?
Come saranno le loro opere?
Il fatto è che non posso neanche cercarli perchè non li conosco, e poi cosa dovrei cercare?
Né posso deprimermi per non averli trovati dato che non so neppure che esistono.
L'unknown unknowns è un tesoro nascosto sotto i tuoi piedi di cui ignori l'esistenza. La cura per quei bisogni che non sai neppure di avere.
L'unknown unknowns è una vera fregatura.
Però questa consapevolezza ci dà speranza, non trovi?
E ci suggerisce di mantenere un atteggiamento di apertura totale al tutto.
Perchè ogni cosa può svelarci ciò che non sapevamo di non sapere.
E quella cosa che non sapevamo di non sapere, quel particolare unknown unknowns, può essere proprio quello di cui abbiamo bisogno.
Wake up, quindi.
Può accadere in ogni momento e con chiunque.
Alla prossima,
Nico Spadoni