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No One's Land

Diciamolo subito, senza girarci attorno. Quando si tratta di lavoro, tutti noi, chi più, chi meno, siamo dei conservatori. Temiamo ciò che non conosciamo e, potendo, ce ne stiamo ben lontani. I più curiosi provano ad osservare a distanza. Gli ardimentosi si producono in incursioni mordi e fuggi, tanto per sondare il terreno.

Il fatto è che ciascuno di noi, nel tempo, coltiva una propria zona di sicurezza. Chiamiamola zona bianca. E' la nostra zona, il nostro campo di gioco, ne conosciamo ogni centimetro quadrato, potremmo precorrerne i confini ad occhi chiusi. E' il nostro regno, la nostra dimora, il nostro rifugio. La nostra coperta calda.

Ma c'è una cosa piuttosto singolare che va detta. Quella che per ognuno di noi è la propria zona bianca, per tutti gli altri è nera. Nera come la pece. E chi vorrebbe stare in una zona nera? La zona nera è tua... stacci tu, io sto bene nella mia, che è tanto chiara e tanto bella. I benpensanti asserragliati nella loro zona bianca, ovviamente, a questo punto avranno da obiettare (attendo i loro rispettabili commenti, e sono aperto ad un libero confronto sull'argomento). Ma, che ci piaccia o no, la natura ci ha fatti così. Ah giusto, la natura! Grande burlona la natura. Pensateci bene, prima ci soffia dentro un'anima moderata e diffidente e poi ci costruisce intorno un mondo che di stare quieto proprio non ne vuole sapere.

L’esistenza delle zone bianche e nere ci crea non pochi problemi, specie laddove in un modo o nell'altro ci tocca interagire con gli altri. Difficile starsene al sicuro nella propria zona. Anzi, spesso siamo costretti a farci entrare gli altri, a volte siamo costretti ad entrare noi in quella degli altri. Un comportamento cui ci sentiamo obbligati, se potessimo scegliere lo eviteremmo volentieri. Perciò cerchiamo incessantemente di minimizzare la sovrapposizione delle zone. Ma inevitabile, come le quotidiane funzioni corporali, ci tocca farlo. Dobbiamo convivere con questo sconfinamento del nero sul bianco e viceversa. Con questa fetida, vischiosa, infida e maledetta zona grigia.

Prendiamo un progetto. Non so… un progetto software, ad esempio, in una azienda di una certa dimensione. Magari una multinazionale, tanto per darle una dimensione. Cosa abbiamo qui?

Tipicamente abbiamo Bob responsabile di una certa linea di business che ha bisogno di automatizzare un certo processo. Bob telefona ad Alice, sua referente IT e le spiega il problema (un po' a denti stretti, sta già pensando a quanto è nera la zona di Alice). Alice, è interessata, ma fa buon viso a cattivo gioco, perchè sa che la sua zona bianca dovrà entrare in contatto con quella zozza di Bob. Perciò chiusa la telefonata con Bob, contatta Joe incaricandolo di approfondire l'esigenza di Bob. Joe è un project manager che lavora per un'azienda terza, che di solito è quella che poi svolge il lavoro pesante. Questi accetta con entusiasmo, ma in cuor suo la malinconia lo assale e ricorda quando la sua zona era intonsa. Prima che decine e decine di incursioni l'hanno sdrucita e ingrigita irrimediabilmente. C'è ancora un po' di bianco, davvero poco, e perciò cercherà di difenderlo con le unghie e con i denti, se necessario. Nessuno dei tre ha voglia di sostare nelle zone grigie, che a lungo andare diventano terra di nessuno.

Sfortunatamente, in un progetto (specie un progetto software) le zone grigie sono terreno incredibilmente fertile per i problemi. Tutto quello che può andar male è lì che germoglia ed è proprio lì che cresce e si radica. In quell'area paludosa e disabitata in cui nessuno vorrebbe avventurarsi. E' proprio lì che i progetti incappano nelle grigie sabbie mobili, venendone prima intrappolati e infine ingoiati. Quando ciò accade, e ahimè accade spesso, provvidenziale è l'intervento delle guardie forestali. A volte la si scampa, a volte la si sfanga. Ma sempre la si paga, e cara. La buona notizia è che, il grigio può avere una sua sensualità, un suo fascino se intendete cosa voglio dire. O almeno per me ce l'ha. E vorrei condividerlo con voi se avrete voglia e pazienza di seguirmi nei prossimi post. Vi parlerò di accountability, di comunicazione, di carisma, di team building, di agilità. Sperando di incontrare il vostro interesse, e più ancora il vostro contributo di idee.

Alla prossima


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